01.12.2020

Ho bruciore e dolore allo stomaco ed al petto e so di avere un reflusso, ma i farmaci specifici funzionano poco: perché ?

La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una condizione molto diffusa in Italia e nei paesi occidentali, poiché il suo disturbo prevalente, il bruciore che dallo stomaco risale al petto, si verifica almeno una volta alla settimana in circa il 25% degli italiani, ed è in costante aumento. La forma della malattia più nota è quella che si accompagna a danno della mucosa esofagea alla gastroscopia (esofagite erosiva o ulcerosa, ERD) all’esame endoscopico, ma quella prevalente, sino al 70% dei casi, è la forma che non presenta evidenti lesioni (la NERD).

Gli inibitori della pompa protonica (IPP) sono i farmaci di prima scelta della MRGE, permettendo la guarigione della quasi totalità delle ERD e la riduzione delle sue complicanze (stenosi ed esofago di Barrett, che è una precancerosi); tuttavia l’efficacia sui sintomi e sulla conseguente alterata qualità di vita, non è soddisfacente in oltre il 40% circa dei pazienti, soprattutto in quelli affetti da NERD.

Per quale motivo i farmaci non funzionano?

E’ questa la domanda che rivolgerete al vostro Gastroenterologo di fiducia, il quale vi domanderà:

1) se seguite correttamente la terapia col IPP ( dosaggio ed l’orario di assunzione);

2) riconsidererà l’esattezza della diagnosi: è una classica MRGE da acido o altro? Quello che refluisce dallo stomaco, infatti, non è solo acido: sono presenti anche liquido non-acido ed enzimi digestivi come la pepsina. A tal proposito vi sono indagini specifiche (la pH-impedenziometria) atte a dimostrarlo, ed ad individuare casi di assenza di qualsivoglia reflusso. In questi casi si tratta di una ipersensibilità viscerale dell’esofago, che non risponderà mai alle classiche terapie.

3) rivaluterà le vostre abitudini di vita, il ruolo dello stress e della dieta (sovrappeso? Obesità?).

Il passaggio successivo sarà quello di rimodulare la terapia col IPP, anche in considerazione degli effetti collaterali nel loro uso continuatvo e del peggioramento di alcune comorbidità, nei pazienti anziani. Inoltre si valuterà l’opportunità dell’aggiunta nella terapia di sostanze con “effetto barriera”, per lo più in formulazione gel, allo scopo di impedire la risalita del refluito. Si cercherà inoltre di dominare l’anomala motilità dello stomaco che, insieme al patologico rilasciamento della “valvola” che separa l’esofago dallo stomaco ed al formarsi dell’ernia jatale, sono le cause principali del reflusso: si impiegeranno, a tal proposito, dei procinetici, anche se , va detto, che i risultati sono sovente scostanti e che bisogna fare i conti con possibili effetti collaterali. L’ipersensibilità viscerale dell’esofago si tratta invece con antidepressivi a basso dosaggio ( non finalizzata , quindi, a trattare un’inesistente depressione).

Ho tosse secca ricorrente, raucedine, un senso di corpo estraneo in gola, la voce è cambiata: ho letto e sentito da amici che potrei avere un reflusso: che cosa posso fare?

Le manifestazioni extraesofagee, un tempo chiamate “atipiche”,  della MRGE sono prevalentemente respiratorie; quelle dimostratesi correlabili al reflusso sono :  la tosse, la laringite e l’asma. Non vi è dimostrazione invece che vi sia relazione con la faringite, la sinusite e la fibrosi polmonare.

Naturalmente bisogna escludere prima di tutto le cause non gastroenterologiche di tali sintomi, che sono peraltro più frequenti della MRGE. Per quanto riguarda la tosse, la laringite e l’asma le condizioni da considerare sono: le sindromi delle vie aeree superiori, il fumo, alcuni farmaci, i disturbi d’ansia. Infine non dimentichiamo altri sintomi extraesofagei non respiratori della MRGE, come il dolore toracico non cardiaco e le erosioni dentali. Spesso la MRGE non è l’unica causa di tali sindromi, ma agisce come cofattore di peggioramento o di mantenimento.

L’uso degli IPP in queste sindromi extraesofagee è una risorsa importante,  specie al primo livello di cura, ma di fronte ad una mancata risposta non va trascurato un attento iter diagnostico in collaborazione con gli specialisti di riferimento, che sono gli otorinolaringoiatri, i pneumologi e i cardiologi. Anche in questo caso il Gastroenterologo istruirà i pazienti a correggere eventuali errate abitudini di vita e ricorrerà alla terapia aggiuntiva o in sostituzione degli IPP con i presidi medici di barriera in formulazione gel, permettendo un sostanziale miglioramento dei sintomi. 

Il percorso di cura può durare anche diversi mesi e il sollievo dai sintomi graduale, ma non bisogna perdersi d’animo e lavorare con il proprio specialista per riottenere la buona qualità di vita che si aveva in origine.

Articolo di:

Bargiggia Stefano

Gastroenterologo