13.05.2021

la domanda della malattia:

Riuscire a integrare la malattia nella vita è il risultato di un delicato lavoro di accompagnamento filosofico, che ci aiuta a vedere noi stessi e il nostro senso esistenziale sotto una nuova luce

All’improvviso è accaduto: la malattia ha fatto irruzione nella nostra esistenza, sconvolgendola. Oppure può trattarsi di una condizione che ci accompagna da sempre, così che non sappiamo immaginarci senza di essa.

La malattia può rendere difficile la nostra vita o addirittura minacciarla; può costringerci a cure pesanti da affrontare o renderci dipendenti da altri che si prendano cura di noi; a volte la guarigione è possibile, a volte no... le combinazioni sono molte e assai diverse.

In ogni caso, se il suo impatto sulla nostra esistenza è forte, è probabile che prima o poi ci ritroveremo a porci l’angosciosa domanda: “Perché proprio a me?”.

Noi, il nostro primo “Altro”

Ognuno di noi vive un’inconsapevole contrapposizione tra se stesso e tutti gli “altri”. Si tratta di qualcosa che fa parte della definizione della nostra identità, che differenzia il “sé” dal “non-sé”: per sapere chi siamo, infatti, dobbiamo percepirci come distinguibili da ogni altro essere umano.

Quando la malattia ci spinge a chiederci “Perché proprio a me?” questa contrapposizione viene alla luce – con nostro stupore – richiedendoci l’acquisizione di una prospettiva diversa, grazie alla quale noi stessi diventiamo capaci di riconoscerci come “gli altri”.

Si tratta di una conquista non facile; ma una volta compreso che non vi è alcuna differenza tra noi e gli altri e che questo non diminuisce la nostra individuazione né il nostro valore, saremo in grado di ribaltare la domanda, chiedendoci: “Perché non a me?”. Tuttavia, ciò richiede un percorso di evoluzione interiore.

Acquisire la consapevolezza

Il primo passo di questo percorso consiste del diventare consapevoli della propria condizione di malattia. “Consapevolezza” è un concetto diverso da “conoscenza”: possiamo conoscere nel dettaglio la nostra malattia (e magari esservi abituati), senza tuttavia essere consapevoli del fatto che la malattia stessa faccia parte di noi. Acquisire consapevolezza della propria malattia significa quindi abbandonare quel rifiuto protettivo che si sviluppa spontaneamente nei suoi confronti, accettando che essa sia inserita nel corso della nostra vita: un lavoro che può necessitare di accompagnamento da parte di un professionista della relazione d’aiuto.

Rimodulare la propria identità

Acquisita la consapevolezza, il passo successivo consiste nel dedicarsi alla costruzione di una nuova visione di sé. Finché teniamo la malattia a distanza, infatti, siamo al sicuro dal rischio che essa invada la nostra vita; ma quando diventiamo autenticamente consapevoli della sua presenza diventa necessario lavorare sulla nostra concezione di noi stessi, per non cadere nell’errore di ridurre la nostra identità alla sola malattia. Se è vero che siamo malati, la malattia non è di certo tutto ciò che siamo: anzi! Questa elaborazione può essere condotta attraverso un lavoro delicato, realistico e amorevole di riflessione su di sé e sulla propria sfaccettata unitarietà e unicità.

Integrare la malattia nella vita

Queste due fasi di riflessione e riorganizzazione – la prima per imparare a vedere in noi “l’altro”, la seconda per comprendere autenticamente ciò che siamo – portano infine a non percepire più quel senso di ingiustizia e tradimento esistenziale che alimentava la domanda iniziale “Perché proprio a me?”, poiché è cambiato il pensiero che la sottendeva.

A questo punto saremo capaci di integrare la malattia nella vita, senza rifiutarla e senza sentirci defraudati da essa né risucchiati nelle sue spire, bensì includendola nel nostro percorso esistenziale con sereno equilibrio.

La malattia può così rivelarsi una porta aperta sul senso della vita.

Perché rivolgersi alla filosofia?

Vita, malattia, identità, alterità, esistenza, consapevolezza, senso sono tutti grandi concetti filosofici. Quando essi ci interrogano, non esistono risposte univoche o facili: ogni persona deve essere accompagnata a trovare le proprie, che dovranno poi esserle concretamente utili per sostenere la sua esistenza. La filosofia è, per sua natura, l’unica disciplina che da millenni padroneggia tutti questi elementi e, non temendo le domande più difficili e scomode – comprese quelle che potrebbero rimanere senza risposta – può davvero aiutare ognuno di noi a incamminarsi sulla sua strada, unica, autentica e irripetibile.

Articolo di:

Moretti Ada

Counselor Filosofico Professionista