Il mal di schiena è ormai sintomo comune, che colpisce una grande maggioranza della popolazione, una delle più frequenti cause di accesso al pronto soccorso.
Ma la percentuale dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico è molto bassa.
L’approccio conservativo è nella maggior parte dei casi la prima scelta nel trattamento del mal di schiena e l’intervento viene preso in considerazione solo dopo il fallimento del trattamento non chirurgico.
Solo raramente, in presenza di una sintomatologia deficitaria, l’intervento chirurgico si rende necessario da subito.
Quando, nonostante tutti i trattamenti conservativi, il dolore arriva al punto di impedire una normale vita quotidiana e lavorativa, e in presenza di una correlazione tra il dolore e le immagini radiologiche (risonanza), può essere necessario un intervento chirurgico.
Oggi il paziente che arriva alla mia attenzione è spesso un paziente che ha bisogno di tornare a una vita normale, tornare a lavorare, a giocare con i figli, a praticare il suo sport preferito, ecc.
A questo scopo il ruolo della chirurgica mini-invasiva è fondamentale.
Mini-invasività che però non vuol dire solamente una cicatrice meno lunga, ma significa la massima attenzione a preservare il più possibile la muscolatura. Qui entra il gioco l’esperienza del chirurgo, e la possibilità di avere a disposizione tecnologie sempre più all’avanguardia, come la chirurgia robotica.
Il paziente operato viene fatto alzare dal letto e comincia a camminare dopo 12-18 ore dall’intervento, senza alcun bisogno di stampelle, busti o altri ausili. Viene generalmente dimesso nella seconda giornata postoperatoria, con la possibilità di tornare a casa propria con i suoi mezzi.